Nota dell'Autore

Se dovessero domandarmi come è nata l’idea di realizzare questa commedia, non esiterei a rispondere che la gran parte del merito è da attribuire all’ultimo libro di Elio Cortese, ‘U dittu è Vancèlu, una grande opera per la città di Crotone, curata nei minimi dettagli, che ho avuto la fortuna e l’utilità di leggere durante le festività natalizie.
Esistono meccanismi della memoria che regolano il recupero del passato e quindi, i flussi dei ricordi, possono essere messi in funzione nei modi più diversi e dai più diversi stimoli.
A me è capitato appunto da tale lettura di attingere informazioni e ricevere la spinta emotiva attraverso vecchi proverbi, detti e modi di dire crotonesi, che hanno sbloccato la mia mente portando a galla una serie di ricordi dell’infanzia, sviluppando un grande fermento e dinamismo di pensiero, fino a determinare appunto l’idea di iniziare a scrivere una commedia in dialetto crotonese.
La concretizzazione, attuazione, è avvenuta in così poco tempo, da rimanerne sbalordito io per primo.

Per rendere i dialoghi della commedia più divertenti e più efficaci al lettore, in realtà, ho utilizzato diversi modi di dire presenti nel libro di Elio Cortese; inoltre le spiegazioni dei significati e origine dei termini, sono risultati proficui per l’inserimento/arricchimento dei riferimenti a piè pagina.
Significativi inoltre per il buon esito, i suggerimenti dello stesso Elio, circa alcune finezze grammaticali e di qualche termine più calzante, fino al raggiungimento della mèta: la stesura definitiva.

Per tutto ciò Caro Elio, ti ringrazio più di quanto sappia dirti!

Scrivere questa commedia, non è stata per me, una fatica nera, come affermano molti scrittori, dopo aver partorito un nuovo libro, anche se scrivere in dialetto risulta abbastanza impegnativo.
Sono sincero: mi sono scialàto a scrivere le scene. In ognuna di esse, mi calavo nei personaggi, li immaginavo, li interpretavo, e, quando rileggevo la stessa scena, diventavo spettatore, ridendo spesso da solo, comu ‘nu ciòtu (dicono a Crotone).
In questa mia prima esperienza, era necessario testare la “qualità del prodotto”, se rispondesse alle aspettative prefissate e così ho iniziato a sondare il terreno, consegnando alcune copie della commedia ad amiche/amici fidati, ma anche competenti, ricevendo da tutti, commenti entusiastici. Tra i più euforici, esternati pergiunta in dialetto, risultavano i commenti di Gabriella Frustaci, alla quale esprimo la mia gratitudine per la collaborazione e realizzazione della copertina del libro.
Dopo aver completato la commedia, come autore è nato spontaneo, il desiderio di vederla al più presto attuata, rappresentata nel migliore dei modi, e perciò, mi sono assunto l’impegno, attraverso le didascalie, di fornire indicazioni preziose a tutti gli operatori teatrali che eventualmente dovranno realizzarne la messa in scena.
Credo di avercela messa tutta, e perciò le mie smisurate ambizioni e aspettative al riguardo, sono quelle di contagiare voi lettori, con lo stato d’animo gioviale e giocherellone che mi ha accompagnato per tutto il periodo di stesura della commedia, di distrarvi dalle fatiche e preoccupazioni, ovvero di potervi donare o restituire momenti di buonumore.

Dicono

Parlare il dialetto per i bambini, significa saper nominare le cose in un altro modo, arricchendo quegli stessi termini di altre angolazioni e punti di vista. Parlare il dialetto aumenta la nostra versatilità espressiva e fonetica, il nostro bagaglio lessicale e sintattico, e attiva infine quelle aree cerebrali deputate all'apprendimento e all'uso del linguaggio. Imparare il dialetto significa quindi riappropriarsi della propria lingua madre, rendendola integrata e alleata della nostra lingua nazionale, aumentando ancor di più la disponibilità ad acquisire e gestire altre lingue e altri codici.

Corrado Veneziano